PRIMO COMMENTO ALLA SENTENZA N. 164/2012 DELLA CORTE COSTITUZIONALE IN MERITO ALLA SCIA

di Massimo GRISANTI

Ieri il Giudice delle Leggi ha depositato la sentenza n. 164/2012 con la quale ha respinto i ricorsi promossi dalle regioni Valle d’Aosta, Liguria, Toscana, Emilia Romagna e Puglia contro le disposizioni statali in tema di SCIA.

 

Queste le conclusioni delle motivazioni:

“Conclusivamente, la riconduzione della disciplina in esame all’art. 117, secondo comma, lettera m), Cost. comporta la non fondatezza delle questioni, sotto tutti i profili, in quanto la normativa censurata rientra nella competenza legislativa esclusiva dello Stato, ai sensi dell’art. 117, secondo comma, lettera m), Cost.”.

 

Le regioni Valle d’Aosta e Toscana, nelle motivazioni del loro ricorso, si lamentavano che la qualificazione delle disposizioni in tema di SCIA avrebbero comportato un’immediata vigenza ed abrogazione delle norme regionali settoriali.

 

La differenza sostanziale tra disposizioni riconducibili a legislazione esclusiva anziché a legislazione concorrente, comporta l’inapplicabilità dell’art. 10 della Legge n. 62/1953 c.d. Legge Scelba riguardo all’entrata in vigore di norme contenenti principi fondamentali e la necessità di un loro preventivo recepimento nella legislazione regionale.

 

Di fatto, con la sentenza in commento, la Corte Costituzionale ha statuito che a partire dall’entrata in vigore delle disposizioni inerenti la “dichiarazione di inizio attività” (D.L. 14 marzo 2005, n. 35, convertito con Legge 14 maggio 2005, n. 80, già ascrivibili a livelli essenziali delle prestazioni, ancorché non espressamente), con le quali quelle relative alla SCIA si pongono in sostanziale continuità:

  • Le norme regionali in tema di DIA e SCIA erano e continuano ad essere inapplicabili per quanto in contrasto con quelle statali.

  • Le opere edilizie realizzate in assenza del titolo abilitativo prescritto dal D.P.R. n. 380/2001 e dalla legge n. 241/1990 e ss.mm.ii. sono abusive.

  • Sono parimenti abusive tutte le opere eseguite in zone sismiche, in quanto la DIA (oggi SCIA) è un istituto di semplificazione procedimentale che non era e non è applicabile in quanto afferente ai valori costituzionalmente protetti della salute, della pubblica incolumità e della sicurezza delle costruzioni.

 

Sia consentito rimandare ai seguenti interventi già pubblicati sulla rivista LEXAMBIENTE.IT:

http://lexambiente.it/urbanistica/184/6646-urbanistica-scia-e-normativa-edilizia.html

http://lexambiente.it/urbanistica/184/6766-urbanistica-zone-sismiche-e-protezione-civile.html

http://lexambiente.it/urbanistica/184/7238-urbanistica-costruzioni-private-e-decreto-sviluppo.html

http://lexambiente.it/urbanistica/184/7311-urbanistica-statica-e-sicurezza-delle-costruzioni.html

 

Infine preme evidenziare che in ben due passi delle motivazioni (e precisamente nei capi 8 e 9 del considerato in diritto) i Giudici della Corte Costituzionale – oltre a rimarcare il fatto che la DIA/SCIA sono istituti di semplificazione procedimentale, e quindi non di liberalizzazione – hanno stabilito che la SCIA è “… una prestazione specifica, circoscritta all’inizio della fase procedimentale …” oltre a ribadire che “… la normativa censurata riguarda soltanto il momento iniziale di un intervento di semplificazione procedimentale, e precisato che la SCIA non si sostituisce al permesso di costruire …”.

 

Si invera, così, quanto già sostenuto nell’articolo a cui si rimanda:

http://lexambiente.it/urbanistica/184/7452-urbanistica-natura-della-dia-e-tutela-del-terzo.html

ovverosia che:

  • Occorre, sempre, richiedere il permesso di costruire.

  • Ci si può avvalere della facoltà di iniziare i lavori, i cui effetti saranno stabilizzati – ove ricorrevano e ricorrono i presupposti legittimanti in fatto e in diritto – mediante il provvedimento espresso del comune oppure il provvedimento per ficto iuris (silenzio assenso) previsto dall’art. 20 della Legge n. 241/1990 e ss.mm.ii.

 

Quell’intervento di semplificazione procedimentale riconosciuto dal Giudice delle Leggi, di cui la DIA/SCIA ne costituisce solamente il momento iniziale, è costituito anche dalla conclusione dell’iter burocratico mediante il silenzio assenso.

 

Ne consegue che il terzo che si ritiene leso dall’intervento edilizio iniziato (o eseguito) mediante DIA/SCIA può chiedere al G.A. l’accertamento dei presupposti legittimanti salva la trasmutazione dell’azione iniziale giudiziale che può finire per riversarsi sul provvedimento ottenuto per ficto iuris, formatosi medio tempore sull’istanza presentata dal committente i lavori edili.

 

Ciò comporta la possibilità – per il terzo leso o che si ritiene tale – di poter esercitare anche un’azione di responsabilità per danni nei confronti della P.A. la quale, con il proprio comportamento silente, qualificato ex lege come assenso dall’art. 20 della Legge n. 241/1990 e ss.mm.ii., ha contribuito – unitamente al professionista asseverante – alla formazione di un danno a causa dell’azione riconosciuta (o da riconoscersi contestualmente) come illegittima.

 

 

 

Scritto il 28 giugno 2012