Consumo di suolo: una questione ambientale

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suolofertile
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Consumo di suolo: una questione ambientale

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L’AUTONOMIA VENETA “DIFFERENZIATA” IN CEMENTO, BITUME E GHIAIA

Colpisce lo “sbalordimento annuale” (come i Rapporti Ispra) e il blaterare politichese (che per qualche giorno occuperà lo spazio di dibattiti, sempre uguali di anno in anno nella loro sterilità, pieni di intenzioni demagogiche e di premesse di principio fini a se stesse, mediaticamente e totalmente avulsi da quello che sta succedendo a questa fragile pellicola che avvolge la terra e sui cui primi 40 cm. in centinaia d’anni si accumula il 25% della biodiversità: il suolo.
In Veneto, Regione i cui parametri ecologici (aria, acqua, suolo) sono fra i peggiori d’Europa, diventano insopportabili anche quei commenti e giudizi critici da parte di non leghisti, come se il record di 923 ettari di suolo consumato nel 2018 si materializzasse all’improvviso e non fosse agevolato da norme regionali, passate sotto traccia e nell’indifferenza politica generale, che quel consumo autorizzano, istituzionalizzando ben 15 deroghe, contenute in una legge osannata da pennivendoli e tecnici “dipendenti” e beffardamente definita “per il contenimento del consumo di suolo”.
Tale legge, entrata in vigore con le delibere di giunta attuative nel novembre 2017, ha prodotto i suoi inevitabili e prevedibilissimi effetti negativi nel 2018: il Veneto è la Regione con il maggior incremento di suolo consumato. Questo dato dovrebbe mettere il bavaglio a chi quella legge l’ha voluta e a chi non si e speso per denunciare l’incostituzionalità di norme che, sotto la voce “governo del territorio”(materia concorrente, art.117 Costituzione), stravolgono lo “stato dell’ambiente” (materia di competenza statale, art.117 Costituzione) privando i cittadini veneti dei molteplici “servizi ecosistemici del suolo”.
Ma oltre all’effetto “ossimoro” del corpo normativo approvato dalla Giunta Zaia, passato sotto silenzio mediatico e politico, stupisce lo “sbalordimento collettivo” davanti ai dati dell’Ispra, come se l’eloquenza visiva, urbanistica, architettonica, paesaggistica, geo-morfologica del territorio veneto costellato di strade, superstrade, centinaia di migliaia di immobili civili e industriali abbandonati, rotonde, capannoni, allevamenti intensivi e monocolture, cave, centri commerciali, non sfiorasse minimamente i nostri processi percettivi e sensoriali, tanto da aver bisogno del rapporto Ispra per “capire” cosa sta succedendo al territorio veneto.
Il rapporto Ispra 2018 mette ancor più in evidenza il potere devastante di due delle 15 deroghe di quella legge beffarda: quella che riguarda il consumo di suolo negli “ambiti di urbanizzazione consolidata” e quella relativa al “Piano Casa a tempo indeterminato”, noto come “Veneto 2050: politiche per la riqualificazione urbana e la rinaturalizzazione del territorio”.
Nella legge regionale veneta i “suoli liberi” negli “ambiti di urbanizzazione consolidata” (la parte centrale dei centri abitati e le prime periferie) possono essere occupati da cemento e non vengono considerati consumo di suolo, mentre i “Crediti Edilizi” previsti dal “Piano Casa a tempo indeterminato” (Veneto 2050) consentono di “raddoppiare la superficie edificabile” su “suolo libero” delle “zone urbanizzate” in cambio della demolizione di un vecchio edificio e della rinaturalizzazione superficie su cui sorgeva (un proposito demenziale perché sarebbe (eco)logico preservare il suolo che la “naturalità” già la possiede).
Gli effetti di queste due deroghe (ce ne sono altre 13 nella “legge-civetta” ) sono eloquenti e li vediamo girando per le strade dei nostri centri abitati: palazzine, villette, piccoli condomini che sorgono nelle zone libere dal cemento ma appetite, per il valore di mercato della zona interstiziale rimasta libera, da coloro che hanno dettato al legislatore veneto la formulazione delle due deroghe: immobiliaristi e costruttori.
Il rapporto Ispra ha registrato, a livello nazionale, questo processo di cementificazione urbana selvaggia. Infatti, il Rapporto Ispra mostra come la metà della perdita di suolo nazionale del 2018 si concentra nelle aree urbane: il 15% in quelle centrali e semicentrali, il 32% nelle fasce periferiche e meno dense. Questo dato, a cui Regione Veneto e Regione Lombardia hanno dato un copioso contributo con leggi “ad cementum” identiche, è una caratterizzazione dell’ultimo rapporto Ispra e certifica l’effetto “climalterante del consumo di suolo”, visto che maggiori superfici artificiali comportano un aumento delle temperature (isole di calore) e che la differenza di temperatura estiva delle aree urbane rispetto a quelle rurali spesso supera i 2 gradi nelle città più grandi.
In Veneto è in atto una “emergenza ambientale” legata alla sparizione per sempre di terra fertile che si aggiunge all’emergenza planetaria “climatica” di cui il consumo di suolo è vettore, visto che la sua perdita irreversibile riduce lo stoccaggio di milioni di tonnellate di CO2. Paradossalmente, chi ha tanta parte in questa situazione parla di rivoluzione e di autonomia differenziata, come se il il Veneto non si stesse già “differenziando” nel consumo di suolo rispetto alla media italiana ed europea. Forse bisognerebbe, oltre a denunciare l’incostituzionalita’ di norme che riducono le funzioni ecosistemiche del suolo, indire in Veneto e in Italia una campagna come quella che “Giudizio Universale” sta promuovendo contro lo Stato Italiano per la sua inerzia davanti all’emergenza climatica, visto che “clima ” e, aggiungo io, “suolo” non appaiono mai nei radar della politica.

Schiavon Dante, un angelo del suolo
lore68
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Re: Consumo di suolo: una questione ambientale

Messaggio da lore68 »

quello che conta è che consumando suolo si aumenta la superficie in categoria urbano/residenziale (zone omogenee B e C) ed in categoria produttivo (zone omogenee D) e quindi l'incasso annuale per il comune in termini di IMU aumenta con grossa soddisfazione di sindaci e amministratori, ogni anno alle prese con bilanci da maneggiare. Una bella variante urbanistica si fa passare molto più agevolmente rispetto a qualche altra grossa gatta da pelare o qualche scheletro nell'armadio che rischia di saltar fuori pur ben compresso dagli sportelli.
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