Autorizzazioni recupero semplificato ex art. 216 - compatibilità urbanistica

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lore68
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Autorizzazioni recupero semplificato ex art. 216 - compatibilità urbanistica

Messaggio da lore68 »

gentilissimi, questione riguardante una ditta che è stata autorizzata (mediante iscrizione nell'elenco istituito a tale scopo presso le Province) al recupero semplificato di rifiuti speciali non pericolosi ai sensi dell'articolo 216 D.Lgs 152/06...
tale "autorizzazione" o "iscrizione" è stata formalizzata dal 2003 anche se l'area su cui sorge l'impianto (un frantoio mobile per la macinazione di rifiuti inerti e rifiuti da demolizioni edilizie) non è compatibile con la destinazione urbanistica dell'area, che è classificata come zona agricola di tipo E. Successivamente (2010) una parte dell'area è stata classificata come zona industriale di tipo D, mentre per la metà restante il comune prescriveva il ripristino dell'area ai fini agricoli come da classificazione del Piano Regolatore. La ditta però ha invece continuato ad esercitare la sua attività di stoccaggio e messa in riserva di rifiuti speciali anche nella zona agricola. Successivamente la ditta ha anche chiesto e ottenuto l'AUA nel 2018.

Oggi la ditta dopo ben sedici anni richiede una variante urbanistica per trasformare anche la restante parte di area agricola in area industriale, con una contestuale richiesta di permesso di costruire, ammettendo di fatto di esercitare l'attività in un'area non idonea urbanisticamente e chiedendo pertanto di regolarizzare formalmente la situazione (naturalmente vien da chiedersi cosa stavano pensando i funzionari che non solo non hanno mai sollevato obiezioni in merito, ma l'hanno pure autorizzata)

domanda: si può pensare che l'autorizzazione non sia valida e pertanto ci si trovi di fronte ad un fatto penalmente rilevante?
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atena60
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Re: Autorizzazioni recupero semplificato ex art. 216 - compatibilità urbanistica

Messaggio da atena60 »

Sotto il profilo amministrativo, la cosa non è così chiara...

TAR LOMBARDIA - MILANO, SEZIONE 4, SENTENZA 25 GIUGNO 2015, N. 1468:
la compatibilità urbanistica dell’impianto, benché non espressamente contemplata dall’art. 216 del d.lgs. 152/2006 e dal d.m. 5 febbraio 1998, non può non costituire presupposto per il legittimo esercizio dell’attività di recupero dei rifiuti, atteso che deve essere qualificato sicuramente pericoloso per la preservazione dell’ambiente circostante un impianto che si ponga in dissonanza con la destinazione urbanistica dell’area; e che tale interpretazione, d’altronde, è l’unica possibile per rendere coerente la procedura semplificata di cui agli artt. 214 e ss. del d.lgs. n. 152/2006 con quella ordinaria di cui al precedente art. 208, nel quale si fa espresso riferimento all’esigenza di documentare la conformità del progetto (di impianto) alla “normativa urbanistica” ed alla valutazione, in sede di conferenza di servizi, della compatibilità dello stesso “con le esigenze ambientali e territoriali” (cfr. TAR Campania, n. 3733/2009). Ne deriva che l’inidoneità urbanistica e ambientale della localizzazione, riconosciuta del resto dallo stesso titolare dell’impianto in sede di conferenza dei servizi, osta alla configurabilità del provvedimento di assenso tacito.
Ma anche:
TAR CAMPANIA - NAPOLI, SEZIONE 8, SENTENZA 9 APRILE 2018, N. 2279:
In ordine alla compatibilità dell’attività di recupero rifiuti con la destinazione urbanistica “agricola” di un'area, l’art. 19, comma 3, del D.Lgs 22/1997 confluito nell’art. 196, comma 3, del D.Lgs 152/2006, nel disporre che “Le regioni privilegiano la realizzazione di impianti di smaltimento e recupero dei rifiuti in aree industriali, compatibilmente con le caratteristiche delle aree medesime” si limita a dettare un criterio di mera preferenza, come evincibile dalla forma verbale usata dal Legislatore, sicché, ferma restando la preferenza espressa per le aree industriali, in ogni caso ciò che assume rilevanza decisiva resta la verifica in concreto della compatibilità dell’impianto per l’area di localizzazione, per cui la circostanza che l'impianto non sia localizzato in zona industriale, ma in zona agricola, non costituisce ex se motivo ostativo alla sua ammissibilità.
[...]
In proposito, va evidenziato che, se è vero che per parte della giurisprudenza amministrativa (Cons. di Stato sez. IV, n. 4505 del 27.7.2011, specificamente richiamata nel provvedimento di annullamento; ma in senso similare cfr. TAR Campania-Napoli n. 5796 del 13.12.2011; TAR Campania-Napoli n. 2105 del 19.4.2013) "la costruzione di un impianto del genere di quello in discussione (frantumazione di sfridi edilizi e stoccaggio di inerti) non è ammissibile in relazione alla previsione di zona agricola impressa all'area dallo strumento urbanistico", e ciò in quanto (cfr. TAR Lombardia – Milano n. 4984 dell’11.11.2003, confermata dal Consiglio di Stato proprio con la ridetta sentenza n. 4505/2011) la tesi "che considera la destinazione agricola non ostativa alla realizzazione di opere quali impianti idroelettrici e discariche di rifiuti va ragionevolmente circoscritta a impianti ed opere di interesse pubblico per i quali gli strumenti urbanistici non prevedano una specifica localizzazione e che per loro natura non possano essere ubicati altro che in zona agricola", visto che "la tesi opposta, volta a generalizzare il principio, porterebbe viceversa, come logica conseguenza, a legittimare l'esercizio in zona agricola di qualsiasi attività produttiva, il che svuoterebbe di ogni valenza le destinazioni d'uso fissate in sede di zonizzazione del territorio"; tuttavia occorre anche considerare che l'art. 196, comma 3 del D.lgs. 152/2006 prevede che "Le regioni privilegiano la realizzazione di impianti di smaltimento e recupero dei rifiuti in aree industriali, compatibilmente con le caratteristiche delle aree medesime, incentivando le iniziative di autosmaltimento. Tale disposizione non si applica alle discariche"; con disposizione intesa dalla giurisprudenza nel senso di escludere "che la realizzazione di impianti di smaltimento e recupero dei rifiuti debba avvenire necessariamente ed esclusivamente in aree industriali, così esprimendo una previsione tendenziale e di massima, un criterio direttivo di preferenza cui devono attenersi in linea di principio le regioni, coerentemente con la peculiare forma verbale usata dal legislatore, secondo cui le regioni “privilegiano” la realizzazione dei predetti impianti in tali zone. Del resto è agevole intuire la ratio di un simile criterio direttivo, volto a sottolineare la natura industriale di tali impianti, collocandoli quindi preferibilmente, in coerenza con il disegno urbanistico delineato dallo strumento di governo del territorio, nella zona da quest'ultimo individuata per le attività industriali; tuttavia, la circostanza che tale collocazione costituisca solo una indicazione di massima ovvero un criterio preferenziale è confermata dalla espressa previsione che essa deve essere comunque compatibile con le peculiari caratteristiche dell'area: insomma il legislatore ha inteso fissare una indicazione preferenziale, astratta, salvo poi a demandare in concreto la verifica e la valutazione della sua compatibilità" (cfr. Consiglio di Stato, sez. V, n. 3818 del 28.6.2012; nonché TAR Lombardia – Milano n. 575 del 2.3.2013; TAR Campania – Napoli n. 1689 del 23.3.2015; TAR Liguria n. 1237 del 14.12.2016).
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Re: Autorizzazioni recupero semplificato ex art. 216 - compatibilità urbanistica

Messaggio da lore68 »

Non avevo pensato a cercare tra le sentenze tra i vari TAR. Sono perplesso da quella del Tar di Napoli.
lore68
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Re: Autorizzazioni recupero semplificato ex art. 216 - compatibilità urbanistica

Messaggio da lore68 »

Aggiungo una postilla al mio ultimo post- ripensandoci non sono più così perplesso, per le motivazioni che dal punto di vista ambientale rappresenterebbe comunque una "miglioria" ciò in quanto le aree industriali sono le meno tutelate dal punto di vista della permanenza -anche temporanea- di sostanze pericolose per l'uomo e per l'ambiente (basti vedere le forcelle tra i valori di CSC che ci sono tra zone di tipo verde-residenziale e quelle produttive).
La cosa che mi resta da chiarire a livello urbanistico è dovuta al fatto che la generalità dei piani regolatori comunali non prevede tra le destinazioni d'uso delle aree diverse da quelle classificate sotto la lettera D (zone industriali/artigianali) di impianti per il trattamento e lo smaltimento di rifiuti.
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